ELISA SCARAMUZZINO

ilasmagazine 2019

Trash in Italy, Scaramuzzino e Pavesi, l’urbano incompiuto e abbandonato
Trash in Italy, an unusual Italian landscape è la ricerca che Elisa Scaramuzzino e Andrea Pavesi hanno iniziato nel 2002 <<con l’obiettivo di dare una testimonianza inconsueta e lontana dall’abituale sguardo oleografico>>. Puoi andare nel livornese, a Rosignano, per realizzare uno shooting per costumi da bagno sfruttando un paesaggio di sabbia bianca come se stessi alle Maldive. Bello eh? Mica tanto se pensi che quel biancore è dovuto a scarichi industriali a base di carbonato di calcio di una vicina industria. Se Stanley Kubrick avesse vissuto in Italia, probabilmente avrebbe girato Shining al Centro Servizi abbandonato di Baia dei Campi (Vieste). Le sue inquadrature dalle prospettive centrali non gli sarebbero mancate sfruttando le volte a vela postmoderne. Al Palacantù si potrebbe ambientare una delle scene più terribili sui desaparecidos. Qui in Italia i registi spielbergiani non avrebbero difficoltà ad individuare le location dove ambientare alcune scene in stile the day after, Chernobyl o scene di guerra beirutiane. Qui in Italia non c’è bisogno di scenografi per certe ambientazioni. È tutto già pronto. La “Cinecittà” dell’orrore paesaggistico è spalmata su tutto il territorio italiano. Da Nord a Sud. Perché i criminali ambientali sono ovunque.
In ambito urbanistico-architettonico si potrebbe sviluppare un nuovo filone cinematografico surrealista.
Un dolly sale in alto dal ciglio di un viadotto e va poi a inquadrare verso il basso le mura della necropoli di Pezzino sulla quale è stato costruito quel viadotto. Sì, è tutto inverosimilmente vero. C’è anche questo. Sono storie italiane di affarismo, clientelismo, malapolitica, leggi fatte male. Anzi, fatte troppo bene per chi sa come speculare su appalti di opere pubbliche, rimettendoci poco e incassando tanto.
Fa strano e male vedere un’Italia che dai borghi e castelli mai rimasti incompiuti costruiti nel passato e ancora esistenti, dalle regge borboniche, ville vittoriane e medicee, siti archeologici visitati, raccontati e dipinti dai viaggiatori del Grand Tour, sia giunta al Far West del cemento.
Un Paese che sembra essere una Chernobyl a macchia di leopardo è veramente anacronistico con quelle che sono le rigenerazioni urbane europee. A partire dalla Rhur tedesca. Questo foltissimo documento fotografico non calca la dialettica della dinamica dell’URBEX (Urban Explorer), quella dei fotografi cacciatori di luoghi abbandonati da accadierreizzare e che non rivelano i siti ripresi per evitare occupazioni abusive e sciacallaggi.
In Trash in Italy ci sono invece nomi (destinazione d’uso delle strutture edili) e cognomi (i luoghi). È una denuncia realizzata con un’estetica fotografica essenziale, paradossalmente piacevole, come se fossero immagini destinate a una guida turistica.
Niente HDR ma le ombre sono “aperte”, leggibili. Qualche immagine in high-key ma senza scimmiottare Ghirri e dintorni. Spennellate di ombre e luci o vignettature per evidenziare le strutture. Tutte “a piombo”. L’orrore è presentato come se si trattasse di opere di Le Corbusier, Wright, Meier… con un sarcasmo sottile ma violento. Centri sportivi, alberghi, ospedali, carceri, dighe ed altre opere pubbliche incompiute, abbandonate o mai entrate in funzione, quasi giustificano eticamente la presenza di ville e complessi residenziali privati, panoramici ma abusivi.

Credit: © Trash in Italy an unusual Italian landscape; Elisa Scaramuzzino e Andrea Pavesi 

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